venerdì, settembre 29, 2006
Timossi
Caro Arturo,
come hai intuito, il problema di Giampiero è serio, non di facile soluzione e (secondo me) non chiaro nei suoi termini essenziali. Una decina di anni fa, e poi ancora in seguito, si fece vivo con alcuni di noi (Enzo, Giovanni e me stesso, che io sappia) con una richiesta di aiuto per trovare lavoro; o, alternativamente, un pò di valsente da consegnarli brevi manu, o per vaglia. Io gli detti a due riprese cifre relativamente modeste.
L'ultima volta che l'ho incontrato mi mostrò una serie di (presumo) certificati medici dai quali (presumo ancora) dovesse risultare una qualche invalidità. Confesso di non essere andato a fondo nelle poche domande che gli posi e di non aver letto tali documenti.
L'impressione che ebbi fu, comunque, che la testa fosse a posto (forse, meglio di qunato mi ricordassi da ragazzo, quando mi feci l'opinione che si trattasse di una personalità più che eccentrica. E' oggi anche un uomo dall'aspetto gradevole e prestante. Credo che il grande problema della sua adolescenza fosse rappresentato da sua madre, con cui allora viveva. Ma non sono sicuro che, neppure allora, egli mi abbia detto in cosa, esattamente, questo problema consistesse. Quando ricomparve, mi pare mi abbia detto che la madre era ormai morta.
Io non so che dirti, Arturo. Se riteniamo di dover far qualcosa ma che non abbiamo idea di come fare a procurargli un lavoro, potremmo fare una specie di colletta. Il rischio, naturalmente, è che ciò serva a poco, dopotutto, e che in futuro si ripresenti di nuovo a qualcuno di noi rinnovando la sua eterna richiesta. E' anche vero che è un rischio modesto: non mi sembra una persona persecutoria e ossessiva.
Chiederei ad altri di noi, da lui avvicinati in passato, di dare qui le loro impressioni. Non nascondo di essere sconcertato: ma una richiesta di aiuto è pur sempre tale.
Roberto, che dici? Gherardo? Jacopo?
francesco
come hai intuito, il problema di Giampiero è serio, non di facile soluzione e (secondo me) non chiaro nei suoi termini essenziali. Una decina di anni fa, e poi ancora in seguito, si fece vivo con alcuni di noi (Enzo, Giovanni e me stesso, che io sappia) con una richiesta di aiuto per trovare lavoro; o, alternativamente, un pò di valsente da consegnarli brevi manu, o per vaglia. Io gli detti a due riprese cifre relativamente modeste.
L'ultima volta che l'ho incontrato mi mostrò una serie di (presumo) certificati medici dai quali (presumo ancora) dovesse risultare una qualche invalidità. Confesso di non essere andato a fondo nelle poche domande che gli posi e di non aver letto tali documenti.
L'impressione che ebbi fu, comunque, che la testa fosse a posto (forse, meglio di qunato mi ricordassi da ragazzo, quando mi feci l'opinione che si trattasse di una personalità più che eccentrica. E' oggi anche un uomo dall'aspetto gradevole e prestante. Credo che il grande problema della sua adolescenza fosse rappresentato da sua madre, con cui allora viveva. Ma non sono sicuro che, neppure allora, egli mi abbia detto in cosa, esattamente, questo problema consistesse. Quando ricomparve, mi pare mi abbia detto che la madre era ormai morta.
Io non so che dirti, Arturo. Se riteniamo di dover far qualcosa ma che non abbiamo idea di come fare a procurargli un lavoro, potremmo fare una specie di colletta. Il rischio, naturalmente, è che ciò serva a poco, dopotutto, e che in futuro si ripresenti di nuovo a qualcuno di noi rinnovando la sua eterna richiesta. E' anche vero che è un rischio modesto: non mi sembra una persona persecutoria e ossessiva.
Chiederei ad altri di noi, da lui avvicinati in passato, di dare qui le loro impressioni. Non nascondo di essere sconcertato: ma una richiesta di aiuto è pur sempre tale.
Roberto, che dici? Gherardo? Jacopo?
francesco
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