sabato, dicembre 24, 2005
Auguri,
sopratutto di buon anno!
Il fotomontaggio augurale di Claudio è delizioso. E Gherardo, assieme a Jacopo e Claudio stesso, è quello che scrive meglio di tutta la classe (Allah gli asserpenti indice e medio!).
Vorrei dire a Claudio che sto cercando vari modi di rispondere alla domanda che mi ha posto su questi pics.
Innanzitutto, devo dire che mi accorgo di non aver condiviso (almeno da parecchi anni) e di non condividere attualmente alcun progetto, o esperienza di vita/con alcun amico, né stagionato, né acquisito in seguito. Credo che per me ciò sia normale e certo non significa che non abbia avuto e non abbia amici anche stretti, anche in Quinta C (Allah la conservi!). C'è stato un mio amico recente, collega accademico, che riteneva che io e lui potessimo far sovrapporre amicizia e lavoro, con beneficio di entrambi i fini. E' stato un esercizio faticoso, devo dire, una specie di matrimonio denso di tensioni e non sta finendo bene proprio sotto queste sante feste.
Gli è che un amico è davvero una cosa misteriosa, Claudio: non trovo altra parola. E parlo di questi legami non solo con delicatezza ma anche con pudore. Naturalmente, un amico può essere diverse cose per noi: pensiamo ai rapporti con le donne che ci è avvenuto da incontrare, ognuna, per noi, un rapporto umano (ebbene sì: spezzo una lancia teologica in favore della tesi della natura umana delle donne, consentitemi questo spregiudicato modernismo...) diverso, credo.
Ma a differenza delle donne e delle donne della nostra vita, penso che un amico è qualcuno che possiamo incontrare e lasciare quando vogliamo, sicuri che lo ritroveremo dove lo abbiamo sempre trovato senza che ci porti rancore, con il quale ogni volta ripartiamo tranquillamente dal punto dove eravamo rimasti, come continuando il costante dialogo che abbiamo con noi stessi. E l'amicizia è l'intensa soddisfazione che si prova quando ci rendiamo conto che l'amico è contento quanto te di esservi ritrovati in quel momento pur senza averlo propriamente programmato.
E' un amore senza alcun impegno, questo è il bello dell'amicizia. Certamente, ci si prendono anche impegni, con gli amici, si fanno sodalizi, cose insieme: ma (e questo, forse è quanto a Claudio è sembrato elusivo nelle mie parole) senza che ciò ricada su di noi come vincolo esterno, un impegno, appunto (un contratto, stavo per dire: questo è quanto giustamente siamo richiesti di fare con le nostre mogli: un rapporto che è l'altra unica variante dell'amicizia).
Naturalmente, se avessi qualcosa cui vorrei fosse provveduto dopo la mia morte, chiederei ad un amico di farla: cioè, di proseguire me stesso, con la cura di persone e di cose. Ed è giusto anche il detto che gli amici ci sono anche (ma non credo " sopratutto": non sono istituti assistenziali) per i momenti di bisogno. Ma in ogni altra circostanza le briglie dell'amicizia dovrebbero, penso, essere assai lievi, anche se le sentiamo forti e irrecidibili. Quando se ne avverte, e se ne esercita la forza nascosta, senza sentirci costretti, obbligati allora? Questo è ilmisterioso, secondo me, appunto: ciò non è prevedibile. Sapere che l'amico è lì: questo è il punto. Come gli ex internati dei lager nazisti, che tornati a casa avevano un bisogno patologico di sapere che sotto il letto c'era un sacco di farina, e ce lo mettevano, se non non riuscivano a dormire.
Vi abbraccio, cari i miei sacchi di farina!
francesco
sopratutto di buon anno!
Il fotomontaggio augurale di Claudio è delizioso. E Gherardo, assieme a Jacopo e Claudio stesso, è quello che scrive meglio di tutta la classe (Allah gli asserpenti indice e medio!).
Vorrei dire a Claudio che sto cercando vari modi di rispondere alla domanda che mi ha posto su questi pics.
Innanzitutto, devo dire che mi accorgo di non aver condiviso (almeno da parecchi anni) e di non condividere attualmente alcun progetto, o esperienza di vita/con alcun amico, né stagionato, né acquisito in seguito. Credo che per me ciò sia normale e certo non significa che non abbia avuto e non abbia amici anche stretti, anche in Quinta C (Allah la conservi!). C'è stato un mio amico recente, collega accademico, che riteneva che io e lui potessimo far sovrapporre amicizia e lavoro, con beneficio di entrambi i fini. E' stato un esercizio faticoso, devo dire, una specie di matrimonio denso di tensioni e non sta finendo bene proprio sotto queste sante feste.
Gli è che un amico è davvero una cosa misteriosa, Claudio: non trovo altra parola. E parlo di questi legami non solo con delicatezza ma anche con pudore. Naturalmente, un amico può essere diverse cose per noi: pensiamo ai rapporti con le donne che ci è avvenuto da incontrare, ognuna, per noi, un rapporto umano (ebbene sì: spezzo una lancia teologica in favore della tesi della natura umana delle donne, consentitemi questo spregiudicato modernismo...) diverso, credo.
Ma a differenza delle donne e delle donne della nostra vita, penso che un amico è qualcuno che possiamo incontrare e lasciare quando vogliamo, sicuri che lo ritroveremo dove lo abbiamo sempre trovato senza che ci porti rancore, con il quale ogni volta ripartiamo tranquillamente dal punto dove eravamo rimasti, come continuando il costante dialogo che abbiamo con noi stessi. E l'amicizia è l'intensa soddisfazione che si prova quando ci rendiamo conto che l'amico è contento quanto te di esservi ritrovati in quel momento pur senza averlo propriamente programmato.
E' un amore senza alcun impegno, questo è il bello dell'amicizia. Certamente, ci si prendono anche impegni, con gli amici, si fanno sodalizi, cose insieme: ma (e questo, forse è quanto a Claudio è sembrato elusivo nelle mie parole) senza che ciò ricada su di noi come vincolo esterno, un impegno, appunto (un contratto, stavo per dire: questo è quanto giustamente siamo richiesti di fare con le nostre mogli: un rapporto che è l'altra unica variante dell'amicizia).
Naturalmente, se avessi qualcosa cui vorrei fosse provveduto dopo la mia morte, chiederei ad un amico di farla: cioè, di proseguire me stesso, con la cura di persone e di cose. Ed è giusto anche il detto che gli amici ci sono anche (ma non credo " sopratutto": non sono istituti assistenziali) per i momenti di bisogno. Ma in ogni altra circostanza le briglie dell'amicizia dovrebbero, penso, essere assai lievi, anche se le sentiamo forti e irrecidibili. Quando se ne avverte, e se ne esercita la forza nascosta, senza sentirci costretti, obbligati allora? Questo è ilmisterioso, secondo me, appunto: ciò non è prevedibile. Sapere che l'amico è lì: questo è il punto. Come gli ex internati dei lager nazisti, che tornati a casa avevano un bisogno patologico di sapere che sotto il letto c'era un sacco di farina, e ce lo mettevano, se non non riuscivano a dormire.
Vi abbraccio, cari i miei sacchi di farina!
francesco
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