<$BlogRSDURL$>

venerdì, dicembre 10, 2004

Magic moments 

Roberto, ma lo sai che mi viene in mente di aver osservato la parte alta della porta e di essermi domandato come mai la avevano fatta cosi'? Non ricordo bene i termini e mi viene in mente che potesse esserci traccia evidente di una trasformazione successiva, o di un adattamento del disegno originario. Mah! Controllero' a luglio.
Cio’ che e’ eterno e’ circolare, dici. Lo sospettavo. E infatti il tuo cerchio mi pareva un rosone di chiesa. All’atto pratico, come apertura attraverso la quale buttare di sotto della roba, il cerchio un granche’ non e’: ci ha poco davanzale.
Fu cerchio? Fu magia? Magari!
La moglie dell’ amico era anche lei con voi ? Supponiamo di si: e se una nuvola passeggera avesse nascosto in parte l’arco e la parte residua si fosse – per tutti e tre - autocompletata nella mente come cerchio? Gia’ questa non sarebbe magia da poco. Ma forse la mogliera non c’era e addio nuvola passeggera.
Se non aveste guardato bene quel buco - come pare abbiate fatto - un’altra ipotesi suggestiva avrebbe potuto essere se, aiutata da una sottolineatura della luce, l’astrazione del cerchio avesse prevalso sull’immanenza dell’ arco mormorando antichi incantesimi. Stai a vedere che avevano ragione i fondamenti dell’ architettura classica, per cui c’erano rapporti numerici che parlavano la lingua di dio. Un ordito matematico dell’ universo.
Tutto cio’ potrebbe tradursi, per l’arco della Porta di San Niccolo', in un'attrazione al cerchio forte come le maree.
O che non fosse invece una vostra umana sete di eterno?
Ma ci dici anche che l’amico era impastato di sonno. Mettiamo che la consorte avesse detto di aver visto anche lei il cerchio tanto per non essere da meno (e estranea al milagro - in quanto a vedere la Madonna in Italia non siamo secondi a nessuno), ecco che non ci si interrogherebbe piu’ sulla magia o l’inconscio collettivo, ma sull’ intima natura della mente di Roberto, questa sconosciuta.

E ora una cosa che non c’entra niente; una storia fantastica . Anni orsono, un amico di Volterra, ora defunto, mi raccontava di un tale, di Volterra appunto, noto come “Poche Penne”. Dunque, la storia era questa: Poche Penne aveva raccolto per anni le penne dei polli spennati e via via le aveva pazientemente incollate su un congegno volante di sua progettazione. Completata l’opera, una bella mattina Poche Penne si era presentato in cima alle Balze, attorniato da una folla entusiasta schiamazzante di risa, e aveva indossato il velivolo.
Alla fine, capito che faceva sul serio, i piu’ responsabili lo convinsero – a fatica - a fare Il primo tentativo da uno sprone piu’ basso, se proprio non ne poteva fare a meno.
E di li’ lui salto’. Un frenetico battito d’ali e, in una nuvola di penne, Poche Penne fracasso’ al suolo. Ai primi accorsi, che lo trovarono assai malridotto ma cosciente, fece subito un rapporto tecnico: “poche penne”.

Jacopo

Comments: Posta un commento

This page is powered by Blogger. Isn't yours?